Il re che non voleva sentir piangere (il regno silenzioso di senzalacrime)

C’era una volta un castello in un giardino immenso e perfetto che stava in mezzo al Regno Silenzioso di Senzalacrime.
Le siepi e i vialetti del giardino del re erano così curati, che ogni sassolino se ne stava al suo posto grazie al continuo intervento dei giardinieri reali.
In quel regno la Compagnia dei Giardinieri era importantissima.
Se ne poteva far parte a condizione di non piangere mai, a condizione di non versare mai una lacrima: anche solo un cenno di pianto poteva costare l’espulsione immediata dalla Compagnia e dal Regno Silenzioso di Senzalacrime. In quel regno, infatti, era stato bandito il pianto, era stata ridotta al silenzio la sofferenza e la commozione, si poteva star male, ma senza un lamento.
Nel regno sovrastava il silenzio: ogni dignitario, ogni abitante, ogni bambino o donna che fosse, doveva controllare e controllarsi fino al punto di non mostrare quasi niente attraverso il volto. Sguardi duri e sfuggenti che si incontravano ormai poco e solo per dovere; i saluti erano rari; i bambini non nascevano più, perché tra i giovani non usava più scambiarsi sorrisi e sguardi. Perfino i cuochi e le cuoche avevano cambiato le loro ricette, per non tagliare le cipolle!
Tutti sembravano uguali, grigi e ingobbiti, uomini, donne, vecchi e i pochi bambini rimasti.
I mastri giardinieri giravano ormai per il Regno Silenzioso di Senzalacrime con lo scopo di verificare che il silenzio e l’ordine regnassero, per riferirlo al Re.
Il Re… il Re Che Non Voleva Sentir Piangere era un uomo alto e magro e le rughe cominciavano a ricoprire il suo volto asciutto con occhi così penetranti, che se lo guardavi … ti veniva da piangere.
Chissà perché si era indurito a tal punto? Ormai la domanda si era persa nel tempo e ogni suddito pensava che non fosse conveniente cercare di dare una risposta, perciò si preoccupava solo di non disturbarlo.

A-Cuir era uno dei giardinieri fra gli ultimi nella gerarchia della celebre ed importantissima Compagnia dei Giardinieri, ma, nonostante ciò, gli era permesso di avere contatti con l’esterno del Regno Silenzioso di Senzalacrime, per il rifornimento di fiori, una volta all’anno. Fuori non doveva parlare e doveva portare in testa una cappa gialla; avrebbe mostrato la lista dei fiori al capo-serra, che conosceva da sempre, e quello gli avrebbe riempito di fiori il carro.
Una di quelle volte, il capo-serra era ammalato e fu la figlia Rosa a servire A-Cuir: al solo sentir la sua voce soave, se ne innamorò.
La loro storia andò avanti in gran segreto e in segreto si sposarono.
A-Cuir portò la ragazza con sé nella sua casupola da ultimo giardiniere, ai confini del regno.
Da lì ad avere una bambina il passo fu breve; si può capire, però, che in un regno dove sia proibito piangere, crescere un bambino sia pressoché impossibile, così A-Cuir cercò di  isolare la casetta con cortecce di querce sughere, mentre la mamma osservava continuamente le smorfie di Allegra, la neonata, per distrarla dal pianto.
Un giorno come tanti, la moglie di A-Cuir si era addormentata, per via di una notte insonne dedita a controllare la bambina e, mentre lui lavorava alle siepi centrali dove erano cadute molte foglie, la bambina cominciò a piangere …
In quell’indisturbato, immobile, solenne silenzio, il leggero vagito parve una lama, che riuscì a penetrare l’aria fino alle orecchie reali, così sensibili, abituate ormai solo al leggero fruscio delle foglie e al lento scorrere dei ruscelli là intorno.
–         Guardie! Giardinieri reali! Correte! Prendete e portate qui l’ingrato che si permette di offendere quest’oasi di pace! –
Gli uccellini, a cui per tanti anni era stato impedito di nidificare, e le api, che non lavoravano il miele in quel regno silenzioso, si spostarono a frotte dietro ai giardinieri,  per curiosare un po’. Anche A-Cuir aveva sentito il vagito e si era messo a correre come un pazzo, nell’estremo tentativo di salvare la sua bambina, ma i giardinieri erano già lì quando lui arrivò, schierati e immobili di fronte alla piccola e alla madre, che tutto quel trambusto non era riuscita a svegliare.
A-Cuir era sul punto di afferrare una delle guardie per il collo, quando la piccola smise di piangere. Guardò attentamente ad una ad una quelle strane facce, quegli strani figuri inespressivi e grigi in fila davanti a lei. Forse le sembrarono pupazzi, forse le parvero ridicoli, non si può mai sapere cosa passa per la testa di un bambino; fatto sta che cominciò a ridere, con una risatina grassa e fitta, interrotta a tratti da qualche attimo di silenzio, in cui con gli occhi lacrimosi e vivi passava di nuovo in rassegna quelle figure, che a lei sembravano così buffe. Rideva, rideva con le lacrime ed occhi luccicanti, rideva di un riso contagioso, contagiosissimo …
Inizialmente tutti rimasero attoniti: il babbo, che si fermò, bloccato con le mani aperte, per afferrare il collo di una guardia, la mamma che si era svegliata atterrita e le guardie, sulle cui facce inespressive spuntò un’insolita aria di sorpresa.
Fu allora che uno dei giardinieri presenti incrociò per sbaglio lo sguardo di una guardia e … sbruffò in una risata fragorosa e sgangherata.
A lui ne seguì un altro e un altro ancora: ridevano e mentre ridevano cominciarono anche a piangere tutte le lacrime che non avevano pianto.
Alcune guardie, quelle rimaste serie, si precipitarono sulle altre arrabbiatissime: che avrebbe detto e fatto il Re quando lo avesse saputo? Ma quelli se la diedero a gambe. A-Cuir, Rosa con la figlia Allegra tra le braccia, si strinsero in un abbraccio, mentre cercavano di scorgere tra le cortecce di quercia, ciò che stava succedendo, ma non riuscendo a vedere bene, A-Cuir uscì e liberò la finestra della sua casupola da ultimo giardiniere, ai confini del regno, per godersi lo spettacolo.
Le guardie e i giardinieri in fuga, correvano per il giardino reale spargendo ovunque le loro lacrime, le guardie, quelle serie, le inseguivano, ma ogni tanto se ne perdeva una, che si metteva a ridere o a piangere o a ridere e a piangere insieme.
Intanto gli uccellini contenti cinguettavano sonoramente e avevano iniziato a fare il nido, in questo inaspettato vento nuovo e anche le api già ronzavano intorno ai fiori.
Il Re Che Non Voleva Sentir Piangere, pietrificato guardava dalla finestra più alta del suo castello quel deplorevole spettacolo, quando preso da una rabbia incontenibile, decise di armarsi a dovere e andare in giardino, per prendere in mano la situazione.

Uscì dal castello a cavallo, con l’armatura, la spada e la lancia. Ormai non c’era più un giardiniere o una guardia che non piangesse o ridesse fino alle lacrime. Il Re si lanciò come un fulmine contro i sudditi disobbedienti, che al vederlo così iracondo e armato, cominciarono a correre, tutti nella stessa direzione, verso il cancello del regno, che qualcuno nel frattempo aveva aperto. Il Re, senza accorgersene, sempre correndo, cieco di rabbia, varcò il confine. Tutti rientrarono in se stessi quando videro il destriero allontanarsi. Si guardarono e si sentirono sollevati, liberati e felici. Da allora nel Fu Regno Silenzioso di Senzalacrime tutti si sentirono liberi di piangere quando stavano male e di ridere quando erano felici, di stare zitti o di parlare, di gridare e di cantare. Dove erano state sparse le prime nuove lacrime del Fu Regno Silenzioso di Senzalacrime, cominciarono a spuntare spontaneamente fiori meravigliosi e non fu più necessario acquistarne altrove, per colorare il giardino intorno al castello. Da allora il cancello del Fu Regno Silenzioso di Senzalacrime rimase aperto.
E il Re? Il Re corse ancora e ancora e ancora intorno al mondo, convinto di poter soffocare con la forza il pianto e col pianto il riso e tutto ciò che sta nel mezzo. Ma alla fine dell’ennesimo giro si fermò e scoppiò in un pianto a dirotto, talmente accorato, che fece piangere anche il cavallo. Le sue lacrime inondarono la valle e formarono un lago, visibile all’alba e al tramonto dalla più alta finestra del castello del Fu Regno Silenzioso di Senzalacrime.

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