L’ elaborazione artistica ci consente di avvicinare le persone senza passare attraverso l’ elemento teorico dichiarato e esplicitato in una maniera fredda e concettuale. Ha un potere di penetrazione maggiore, per la sua capacità espressiva più ampia, per una trasformazione che è già avvenuta a monte.
Una rappresentazione teatrale non è terapeutica, esprime, semmai qualcosa che deve essere già avvenuta. Una trasformazione che racconta come la fantasia può nascere, in modo casuale, non premeditato, nel cuore dei rapporti umani.
Questa nascita, affidata soltanto alle parole, apparentemente è fragile, ma se viene raccontata e accolta, se si trasforma in suoni, in immagini che attraverso la recitazione si propagano con un’ eco potente, allora non è più possibile negarla né per noi stessi, né per gli altri.
La bellezza non è consolazione, la poesia non è rifugio per anime inquiete e tormentate. L’ arte sconvolge, contraddice il buon senso, il senso comune: forse, nella nostra vita, per riuscire a creare qualcosa di bello bisogna saper scegliere, intuire quali persone, al di là di ciò che viene dichiarato, ci vogliono veramente bene.
C’ è una durezza negli affetti che è ricerca di autenticità: spesso ci costringe al rifiuto, alla solitudine, ad andare oltre ciò che è immediato per inseguire sogni che solo dopo molto tempo possono diventare fisionomia, colori e forme di vita concreta. Potremmo, con grande sorpresa, scoprire che quanto siamo abituati a collocare in un tempo che è sempre domani ed in un luogo che è sempre altrove, ci appare all’ improvviso davanti come una visione all’ inizio nebulosa che da qualche parte pensavamo di avere nascosto ma che invece solo ora cominciamo a delineare: essa è di fronte a noi, si rivela ai nostri occhi con contorni sempre più definiti che sicuramente non parlano solo di una nascita, sfidandoci ad un gesto di coraggio, a tendere una mano per raggiungerla.
Cerchiamo allora il ritmo, l’accordo, la sonorità del desiderio che nasce da un rapporto vero, reale, mentre le musiche, i gesti che accompagnano le parole degli attori evocano atmosfere di sogno, fantasie che sono raccontate da quegli uomini, da quelle donne che non hanno voluto ancora smettere di avere fiducia e di sperare.
A volte si rifiuta senza sapere perché il ruolo dell’ eroe perdente, mentre intorno crolla un mondo di sentimenti troppo conosciuti. Qualcuno ha lasciato una ferita aperta da risanare. Fingeva di seguire un sogno ma forse fuggiva solo da chi non capiva.
“Volevo l’ identità e l’ altro me la cancellava negandola anche a se stesso. Buttava la vita affidandosi ad una frode.”
E’ apparso un demone, allora, inventato dalla mente, portatore di sventure e malattia. Da sempre gli uomini gli hanno lasciato una funesta libertà non sapendo che era un parto della loro sofferenza.
Per un attimo poi il demone nasce nella mente di una donna: ma non la può schiacciare, sotto i paludamenti della metafisica, del peccato, della colpa, sotto l’astrazione di un pensiero che non ha nulla di umano. Quando sembra che abbia spezzato col terrore della morte la sua mente, accade quel prodigio che nessun dio, ma solo un uomo, solo una donna, avrebbe potuto compiere.
E lei scompone la sua esistenza che si dissolve in un sogno luminoso di meteore, sprofondando in abissi inconsapevoli, ne riemerge come rinnovata. Non più come pietra spugnosa e senza vita, non più parte di metallo o lamina di corazza, ma cuore palpitante, pelle sensibile alle carezze, occhi che si infiammano di desiderio.
E’ la nascita dell’ uomo, fascino della vitalità che si ripete sulla terra, granello di polvere nell’ universo.